Sabrina Paravicini: “Oggi al laboratorio di analisi per il prelievo. Ci sono 200 persone almeno, età media 75 anni. Io sono forte”
Sabrina Paravicini, attrice, sta raccontando su Instagram i suoi passi per combattere il tumore al seno che l’ha colpita.
“Sabato mattina, vado a fare le analisi del sangue. Dovevo andare ieri ma non ho fatto in tempo, mi sveglio presto e penso che nel giro di venti minuti tornerò a casa per fare colazione. Arrivo al laboratorio di analisi convenzionato. Ci vado da mesi praticamente tutte le settimane. Dire che è affollato è dire nulla: ci saranno 200 persone. Età media 75 anni. Prendo il numero riservato ai malati gravi, anziani e donne in gravidanza. Ho comunque 15 persone davanti a me. Passerà – ha scritto Sabrina Paravicini – almeno un’ora e non ho portato il mio libro.
Guardo le persone che stanno aspettando di fare le analisi: hanno tutte uno sguardo preoccupato, il mio invece è solo stanco. La paura di avere qualcosa “di brutto” non ce l’ho più. L’ho già avuto qualcosa di brutto e lo sto combattendo da mesi. Guardo le persone vicino a me – ha continuato Sabrina Paravicini – e penso che incredibilmente, pur avendo venti o trent’anni meno di loro, io sono in condizioni più critiche.
E’ paradossale perché io cammino senza bastone, (anche se a volte avrei voluto tanto averne uno per sostenermi), sono giovane, apparentemente non sembro in cura, mi trucco ogni mattina, anche quando facevo la chemioterapia e non riuscivo a uscire da casa, i miei capelli cortissimi – ha raccontato Sabrina Paravicini – potrebbero essere un taglio voluto e non subìto, addirittura ieri in un ufficio pubblico una ragazza mi ha detto con un sorriso “complimenti per il coraggio di questo taglio” e io le ho risposto subito “non è un taglio, stanno solo ricrescendo” lei è arrossita e io le ho sorriso per rassicurarla.
Amputazione del seno, dissezione ascellare, chemioterapia, radioterapia, farmaci monoclonali salvavita, futura ricostruzione del seno: sono un campionario di “malattia grave” eppure quando cammino per strada o entro in un bar nessuno si accorge di tutto questo. E io non so mai se è un bene o un male, io sono forte, ma mi chiedo se per qualcuno essere stato così ammalati e pure “invisibili” non sia una ferita che si aggiunge a una sofferenza più profonda”.