Checco Zalone costretto a chiedere scusa: “Non volevo”

Checco Zalone
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Checco Zalone costretto a chiedere scusa: “Non volevo”. Momento di certo non positivo per l’attore travolto da numerose polemiche

Checco Zalone costretto a chiedere scusa: “Non Volevo”. Momento di certo non positivo per l’attore travolto da numerose polemiche. Accusato di essere un razzista per via della sua canzone ‘Immigrato’. A scagliarsi contro di lui era stata la ballerina Heather Parisi: “L’immigrato di Checco Zalone è un concentrato di luoghi comuni che non ha nulla di ironico. Perché l’ironia è altro, l’ironia consiste nel mostrare che è il suo contrario ad essere più credibile del luogo comune”.

Checco Zalone, in una lunga intervista al ‘Corriere della Sera’ ha voluto dire la sua: “Escludo che qualcuno possa così stupido da pensare davvero che io sia razzista. Non sono razzista nemmeno verso i salentini, che per noi baresi sono i veri terroni”. Checco ha inoltre approfittato di questa spiacevole situazione creatasi intorno a lui per chiedere scusa alla città di Foggia, visto che ormai qualsiasi sua battuta è interpretata nel peggiore dei modi. Andiamo a vedere cosa ha detto.

Checco Zalone ha voluto puntualizzare: “Non sono razzista neppure con i foggiani, anche se molti di loro si sono risentiti per una canzone che ho cantato da Fiorello, ‘La nostalgia de bidet: Così proprio ogg’ so’ turnut nella mia Fogg’, la delinquenza, la spazzatura, la poverté, ma finalmente voilà le bidet…Ne approfitto per chiedere scusa ai foggiani: lo giuro, non penso che appartengano ad una razza inferiore…E chiedo scusa pure ai calabresi: nel nuovo film c’è una battuta terribile su Vibo Valentia”. Queste le parole di Checco Zalone.

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Checco Zalone ha parlato poi del suo film. ‘Tolo Tolo’, che uscirà nelle sale cinematografiche il primo gennaio del 2020: “Significa solo solo. La storia di un italiano scappato in Africa, inseguito dai debiti. Nel Paese scoppia una guerra civile. E lui tenta di rientrare in patria, unico bianco tra i profughi. Incontra una donna. E un bambino: Dudù. Ti chiami come il cane di Berlusconi! gli urla”. Ha concluso così Checco.